Ultimo aggiornamento: 17/06/2004

 
     
ugenio Bastianon "I PARADIGMI FONDAMENTALI DELLA FORMAZIONE", Armando Editore, 2002
Su questo libro ho presentato una relazione, inserita nella "Bibliografia Didattica", ma ho ritenuto opportuno evidenziare qui alcuni significativi riferimenti alla filosofia della matematica, sottolineati dall'autore.
Proprio per la matematica viene citato, come paradigma di riferimento, il teorema godeliano ed Eugenio Bastianon offre la parafrasi di tale teorema, proposta da D.R. Hofstadter: "Tutte le assiomatizzazioni coerenti dell'aritmetica contengono proposizioni indecidibili". Secondo Hofstadter, "scavalcare il baratro apparentemente invalicabile tra il formalizzato e il non formalizzato, l'animato e l'inanimato, il flessibile e il rigido" è la scommessa che l'intelligenza artificiale si trova a dover affrontare." Per questo anche l'elaboratore elettronico deve essere programmato secondo la logica degli "strani anelli", cosicché possa intervenire sul proprio programma immagazzinato, per cambiarlo. I teoremi di Godel hanno mostrato come "tutte le assiomatizzazioni coerenti dell'aritmetica contengono proposizioni indecidibili", cioè indimostrabili e che la "non contraddittorietà dell'aritmetica è proprio una di queste proposizioni non dimostrabili". L'approdo è la messa in discussione del carattere originario e universale del principio di non contraddizione.
Analizzando la nascita delle geometrie non euclidee, Lucio Lombardo Radice osserva che "ai primi postulati della geometria [...] si può [...] aggiungere tanto il V postulato di Euclide, quanto la negazione di esso, ottenendo due diversi sistemi di postulati ugualmente coerenti, due modelli tra i quali posso di volta in volta scegliere quello più utile al mio programma di ricerca"
Eugenio Bastianon analizza la metafora dell'infinito, chiedendosi che cosa esso sia: E' il "mare" leopardiano, in cui è dolce "naufragare"? Oppure l'infinità spaventosa di Musil? E', tomisticamente, l'infinito sinonimo di perfezione, e quindi predicato del Divino? Oppure l'infinito è, sempre tomisticamente, sinonimo di imperfezione?
Oppure l'infinito è, con Cantor, quella dimensione "altra", nella quale concetti come "maggiore, uguale, minore", non hanno più lo stesso senso, tanto che è possibile affermare, in questa dimensione, che la parte non è più minore del tutto e che con i soli punti di un segmento è possibile costruire tutto un quadrato?
La risposta può essere che l'infinito è e, insieme, non è in ciascuna di queste definizioni.
Per Wittgenstein, nella prospettiva dei giochi come pratiche, non può essere data una verità assoluta, esterna alla pratica, ma ogni pratica "costruisce la propria verità". Viene presa in considerazione la matematica, che è anch'essa una pratica: "L'essenza del calcolare l'abbiamo imparata calcolando". La matematica dipende dalla costruzione che gli uomini ne fanno nei loro usi plurali. Rappresenta un miscuglio di tecniche, di regole di un gioco e perfino la "successione dei numeri" non è "oggettiva", interna alla matematica, ma è propria dell' "esercizio infinito" che ci è stato insegnato di contare sempre allo stesso modo: uno, due, tre...Non si può dire che questa successione, stabilita dalla costanza dell'uso, sia vera, ma soltanto che è utile e che viene impiegata. Paradigmi e regole vanno solo praticati e secondo Wittgenstein l'esempio tipico di paradigma è il metro-campione di Parigi: di tale metro non si può dire nulla, perché "il sapere sul metro e sulla misura comincia solo dopo il campione e le basi della conoscenza non sono né vere né false". Può sempre accadere che i matematici risolvano problemi per ora irrisolti. Le novità, però, non hanno, nello stesso tempo, alcuno spazio, perché con molta probabilità la soluzione del problema si collocherebbe al di fuori del "gioco" matematico in uso, cosicché , alla fine, il problema risolto non sarebbe neanche lo stesso, in quanto, per avere soluzione, verrebbe riletto all'interno di nuovi linguaggi, di nuove convenzioni , di nuove necessità, quindi di nuove matematiche.
Ringrazio Eugenio Bastianon, che, con disponibilità e gentilezza, ha letto e approvato la mia
recensione, prima che la pubblicassi.