Egidio Pentiraro, "A
SCUOLA CON IL COMPUTER", Universale Laterza, 1983
Rivolgo un ringraziamento a Giovanna Maria Melis
che ha segnalato tale testo, riportando quanto segue:
<<Impariamo di più quando dobbiamo inventare>> Jean Piaget
"Dalle prime macchine calcolatrici agli home e personal computer la
meravigliosa storia della rivoluzione dell'informazione,
e delle crescenti applicazioni che il computer trova nel lavoro, nel tempo
libero e in particolare nella scuola.
Imparare con il computer non significa solo avere uno strumento
incredibilmente più efficace e potente di apprendimento, ma apre possibilità
nuove, ancora tutte da esplorare, alla stessa organizzazione della mente
umana".
"Le resistenze opposte dalla tradizione", pag. 151
"I sostenitori della tradizione didattica del buon tempo antico sono anche i
più accaniti oppositori dell'introduzione dell'elaboratore nella scuola, e
quindi delle sue applicazioni alla didattica. Essi argomentano le loro
posizioni affermando che la conoscenza e l'apprendimento, ad esempio della
matematica, non possono avvenire al di fuori del metodo tradizionale.
In assoluto non hanno né ragione né torto: si può imparare la matematica
anche usando carta e penna, tuttavia il punto centrale del problema è dato
dal fatto che oggi sono disponibili tecniche didattiche ben più efficaci. La
stessa tecnica di eseguire i calcoli con la carta e la penna, nella pratica
di lavoro, è ormai superata da un centinaio di anni, da quando le macchine
da calcolo meccaniche si sono imposte laddove era richiesta l'esecuzione di
calcoli molto complessi o molto ponderosi. Fortunatamente anche nella
scuola, da qualche anno, le posizioni di coloro che sostengono la didattica
del buon
tempo antico stanno perdendo di consistenza, grazie anche alla diffusione
della calcolatrice elettronica tascabile o dei piccoli calcolatori
programmabili che, se ben conosciuti, possono rivelarsi uno strumento
straordinario di apprendimento, non solo delle matematiche, ma anche di
tutte le discipline scientifiche.
Carta e penna andrebbero sostituite non appena l'allievo abbia acquisito la
consapevolezza del significato del calcolo che sta compiendo.
E' inutile insistere sadicamente nel far eseguire agli allievi calcoli
sempre più complessi. Bisogna fermarsi e sottolinearne il significato.
L'aveva già capito un oscuro docente dell'antichità, uno scriba mesopotamico
vissuto nel terzo millennio a. C.. Lo testimonia una tavoletta d'argilla di
forma rotondeggiante, allungata, conosciuta con la sigla TM.7S.G.1963. TM
sta per Tell Mardik, il nome della collina che nascondeva Ebla, la città che
ha dominato il Vicino Oriente Antico, dove la tavoletta venne trovata nel
1975. Giovanni Pettinato, che è il descrittore dell'immenso patrimonio di
testi scritti nell'argilla rinvenuti a Ebla, dice del testo contenuto in
questa tavoletta: <<E' talmente bello, anche se difficile, che mi sembra
opportuno farlo conoscere integralmente, si tratta di una sequenza di numeri
che costituiscono un problema matematico...>>.
(cliccare
sull'immagine per ingrandirla). Che cosa veniva chiesto agli allievi? <<Ci
sembra evidente che la richiesta dovesse essere il "completamento" della
tavoletta, scrivendo, a seguito dei cinque ideogrammi GAL una seconda
colonna di simboli numerici. Naturalmente dicendo "completamento" noi non
intendiamo che gli allievi dovessero scrivere, materialmente sulla stessa, i
risultati richiesti.
Pensiamo invece che il maestro, dopo aver scritto la tavoletta quale noi
oggi la possediamo, l'abbia fatta girare tra gli allievi invitandoli a
scrivere i nuovi simboli sui loro 'quaderni', quindi sulle loro tavolette>>.
I ragazzi di quel tempo dovevano risolvere un problema logico, non dovevano
fare fatica per compiere meccanicamente dei calcoli.[...] i sostenitori dei
metodi del buon tempo antico lodano la tecnica di calcolo che si basa
sull'uso della carta e della penna senza rendersi conto che non forniscono
parametri per valutarla. L'unico argomento a sostegno finisce per essere:
<<va bene così perché si è sempre fatto così>>.
Lo sforzo che questi insegnanti devono compiere è di comprendere come la
debolezza del metodo da loro difeso consista nel richiedere all'allievo di
concentrare la propria attenzione su due aspetti nello stesso tempo: la
logica del calcolo e la sua
esecuzione. L'allievo volge la sua attenzione soprattutto all'esecuzione del
calcolo, che costa fatica, e perde di vista il suo significato logico. Se la
stessa operazione venisse compiuta con una calcolatrice elettronica
tascabile l'allievo sarebbe liberato dalla fatica del calcolo e potrebbe più
efficacemente concentrarsi sulla logica ad esso relativa. Ne conseguirebbe
un maggiore apprendimento.
La stessa cosa si può dire avvenga per l'elaboratore elettronico, applicato
alla didattica della matematica. Anzi in questo caso l'effetto viene
amplificato. Si consideri a riprova di ciò un esempio classico: lo studio di
funzione. Generazioni di studenti hanno investito quantità incredibili di
tempo nel tracciare grafici di funzione che si eseguivano in quel modo solo
perché la rappresentazione avveniva su un foglio e con una matita o una
penna. Il tempo scorreva calcolando massimi, minimi, limiti, ecc., ma
soprattutto la laboriosità del calcolo distraeva lo studente dal significato
dell'operazione. Un elaboratore può eseguire in brevissimo tempo,
moltiplicando l'effetto didattico, lo stesso calcolo e la sua
rappresentazione grafica su di uno schermo. In pochi secondi appaiono gli
andamenti delle funzioni più complesse; è l'allievo che questa volta può
sbizzarrirsi a mutare la funzione cambiandone i parametri, a moltiplicare
dividere aggiungere o sottrarre le variabili. La funzione prende vita sullo
schermo consentendo all'allievo di compiere rapidamente confronti rispetto
ai cambiamenti operati.
Liberato dalla fatica del calcolo, lo studente può concentrarsi sulla logica
del problema e, guadagnando tempo, comprende
meglio il meccanismo sul quale interviene.
Massimi, minimi, flessi, campi di variabilità, le derivate prime e
successive, gli integrali, perdono il mito della difficoltà e non incutono
terrore. Nello studente non si creano blocchi e l'apprendimento procede
speditamente verso settori e zone che il metodo tradizionale, basato sulla
carta e sulla penna, non consente di esplorare". |