Ultimo aggiornamento: 22/06/2004

 
     
Egidio Pentiraro, "A SCUOLA CON IL COMPUTER", Universale Laterza, 1983
Rivolgo un ringraziamento a Giovanna Maria Melis che ha segnalato tale testo, riportando quanto segue:
<<Impariamo di più quando dobbiamo inventare>> Jean Piaget
"Dalle prime macchine calcolatrici agli home e personal computer la meravigliosa storia della rivoluzione dell'informazione,
e delle crescenti applicazioni che il computer trova nel lavoro, nel tempo libero e in particolare nella scuola.
Imparare con il computer non significa solo avere uno strumento incredibilmente più efficace e potente di apprendimento, ma apre possibilità nuove, ancora tutte da esplorare, alla stessa organizzazione della mente umana".
"Le resistenze opposte dalla tradizione", pag. 151
"I sostenitori della tradizione didattica del buon tempo antico sono anche i più accaniti oppositori dell'introduzione dell'elaboratore nella scuola, e quindi delle sue applicazioni alla didattica. Essi argomentano le loro posizioni affermando che la conoscenza e l'apprendimento, ad esempio della matematica, non possono avvenire al di fuori del metodo tradizionale.
In assoluto non hanno né ragione né torto: si può imparare la matematica anche usando carta e penna, tuttavia il punto centrale del problema è dato dal fatto che oggi sono disponibili tecniche didattiche ben più efficaci. La stessa tecnica di eseguire i calcoli con la carta e la penna, nella pratica di lavoro, è ormai superata da un centinaio di anni, da quando le macchine da calcolo meccaniche si sono imposte laddove era richiesta l'esecuzione di calcoli molto complessi o molto ponderosi. Fortunatamente anche nella scuola, da qualche anno, le posizioni di coloro che sostengono la didattica del buon
tempo antico stanno perdendo di consistenza, grazie anche alla diffusione della calcolatrice elettronica tascabile o dei piccoli calcolatori programmabili che, se ben conosciuti, possono rivelarsi uno strumento straordinario di apprendimento, non solo delle matematiche, ma anche di tutte le discipline scientifiche.
Carta e penna andrebbero sostituite non appena l'allievo abbia acquisito la consapevolezza del significato del calcolo che sta compiendo.
E' inutile insistere sadicamente nel far eseguire agli allievi calcoli sempre più complessi. Bisogna fermarsi e sottolinearne il significato. L'aveva già capito un oscuro docente dell'antichità, uno scriba mesopotamico vissuto nel terzo millennio a. C.. Lo testimonia una tavoletta d'argilla di forma rotondeggiante, allungata, conosciuta con la sigla TM.7S.G.1963. TM sta per Tell Mardik, il nome della collina che nascondeva Ebla, la città che ha dominato il Vicino Oriente Antico, dove la tavoletta venne trovata nel 1975. Giovanni Pettinato, che è il descrittore dell'immenso patrimonio di testi scritti nell'argilla rinvenuti a Ebla, dice del testo contenuto in questa tavoletta: <<E' talmente bello, anche se difficile, che mi sembra opportuno farlo conoscere integralmente, si tratta di una sequenza di numeri che costituiscono un problema matematico...>>.
Ideogrammi GAL(cliccare sull'immagine per ingrandirla). Che cosa veniva chiesto agli allievi? <<Ci sembra evidente che la richiesta dovesse essere il "completamento" della tavoletta, scrivendo, a seguito dei cinque ideogrammi GAL una seconda colonna di simboli numerici. Naturalmente dicendo "completamento" noi non intendiamo che gli allievi dovessero scrivere, materialmente sulla stessa, i risultati richiesti.
Pensiamo invece che il maestro, dopo aver scritto la tavoletta quale noi oggi la possediamo, l'abbia fatta girare tra gli allievi invitandoli a scrivere i nuovi simboli sui loro 'quaderni', quindi sulle loro tavolette>>. I ragazzi di quel tempo dovevano risolvere un problema logico, non dovevano fare fatica per compiere meccanicamente dei calcoli.[...] i sostenitori dei metodi del buon tempo antico lodano la tecnica di calcolo che si basa sull'uso della carta e della penna senza rendersi conto che non forniscono parametri per valutarla. L'unico argomento a sostegno finisce per essere: <<va bene così perché si è sempre fatto così>>.
Lo sforzo che questi insegnanti devono compiere è di comprendere come la debolezza del metodo da loro difeso consista nel richiedere all'allievo di concentrare la propria attenzione su due aspetti nello stesso tempo: la logica del calcolo e la sua
esecuzione. L'allievo volge la sua attenzione soprattutto all'esecuzione del calcolo, che costa fatica, e perde di vista il suo significato logico. Se la stessa operazione venisse compiuta con una calcolatrice elettronica tascabile l'allievo sarebbe liberato dalla fatica del calcolo e potrebbe più efficacemente concentrarsi sulla logica ad esso relativa. Ne conseguirebbe un maggiore apprendimento.
La stessa cosa si può dire avvenga per l'elaboratore elettronico, applicato alla didattica della matematica. Anzi in questo caso l'effetto viene amplificato. Si consideri a riprova di ciò un esempio classico: lo studio di funzione. Generazioni di studenti hanno investito quantità incredibili di tempo nel tracciare grafici di funzione che si eseguivano in quel modo solo perché la rappresentazione avveniva su un foglio e con una matita o una penna. Il tempo scorreva calcolando massimi, minimi, limiti, ecc., ma soprattutto la laboriosità del calcolo distraeva lo studente dal significato dell'operazione. Un elaboratore può eseguire in brevissimo tempo, moltiplicando l'effetto didattico, lo stesso calcolo e la sua rappresentazione grafica su di uno schermo. In pochi secondi appaiono gli andamenti delle funzioni più complesse; è l'allievo che questa volta può sbizzarrirsi a mutare la funzione cambiandone i parametri, a moltiplicare dividere aggiungere o sottrarre le variabili. La funzione prende vita sullo schermo consentendo all'allievo di compiere rapidamente confronti rispetto ai cambiamenti operati.
Liberato dalla fatica del calcolo, lo studente può concentrarsi sulla logica del problema e, guadagnando tempo, comprende
meglio il meccanismo sul quale interviene.
Massimi, minimi, flessi, campi di variabilità, le derivate prime e successive, gli integrali, perdono il mito della difficoltà e non incutono terrore. Nello studente non si creano blocchi e l'apprendimento procede speditamente verso settori e zone che il metodo tradizionale, basato sulla carta e sulla penna, non consente di esplorare".