Ultimo aggiornamento: 29/11/2005 |
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Rudy
Rucker, “LA QUARTA DIMENSIONE – Un viaggio guidato negli
universi di ordine superiore”, Titolo originale: The Fourth
Dimension A Guided Tour of the Higher Universes, Traduzione di Giuseppe
Longo, Disegni di David Povilaitis, Prima edizione: settembre 1994 Quarta
edizione: luglio 2001, ADELPHI EDIZIONI (Pagine 287) Rudy
Rucker (ovvero Rudolf von Bitter Rucker, pronipote di Hegel) insegna
matematica alla San José State University. È autore, oltre che di saggi (Geometry, Relativity
and the Fourth Dimension; Mind Tools), di romanzi di grande successo (Software,
Master of Space and Time, The Secret of Life, Wetware, The Hollow Earth).
Nel 1982 e
nel 1988 ha ottenuto il Philip K. Dick Award per il miglior romanzo di
fantascienza. Nella Premessa, l’autore dichiara che, scrivendo La quarta dimensione, ha cercato di presentare “una rassegna definitiva e divulgativa di ciò che la quarta dimensione significa sotto il profilo tanto fisico quanto spirituale”. Nella Prefazione Martin Gardner sottolinea che i matematici, come scrittori, valgono poco, ma ammette che non mancano le lodevoli eccezioni, citando Lewis Carrol, che scrisse opere immortali di letteratura fantastica, Eric Temple Belle, che sotto lo pseudonimo di John Taine presentò molti romanzi di fantascienza e Rudolf von Bitter Rucker, l’autore di questo libro. Come matematico, Rucker s’interessa soprattutto di insiemi tranfiniti e di spazi a più dimensioni. Credo
che questo volume possa venir letto con piacere dagli appassionati di
fantascienza, ma anche da tutti coloro che sanno apprezzare la matematica
e la fantasia, perché lo troveranno ricco di informazioni e di
suggestioni interessanti. Vengono
proposti anche ingegnosi problemi per chi abbia competenze matematiche
(comunque, la risoluzione di ciascun quesito è visionabile da pag. 251 a
pag. 269) Martin
Gardner commenta: “[…] Rucker esplora dapprima lo stravagante
sottomondo di Flatlandia; poi si tuffa negli spazi con più di tre
dimensioni, con un gusto e un’energia da mozzare il fiato; alla fine, in
una grande apoteosi carrolliana, invade arditamente le infinite dimensioni
dello spazio hilbertiano. Fantascienza?
In parte sì, e Rucker s’interrompe spesso per citare qualche bizzarro
racconto. Ma senza lo strumento costituito dagli spazi a infinite
dimensioni la fisica moderna sarebbe quasi impossibile. […]” Martin
Gardner non riesce ad accettare, però, la filosofia ruckeriana del «tutto
è uno» e gli sembra che “Rucker abbia ereditato una predilezione
genetica per l’Assoluto da un suo bis-bis-bisnonno, il sommo filosofo
Hegel”. Come William James neppure Martin Gardner sa se la realtà
ultima sia una o molteplice. Sono discutibili anche le idee di Rucker
sulla sincronicità, idee mutuate da Jung e da Koestler, ma
viene ricordato che tutti abbiamo diritto a quelle che James
chiamava le nostre «superconvinzioni». Il lettore non faticherà ad
accorgersi che “le speculazioni di Rucker spingono la mente verso
problemi fondamentali che si rifiutano di dileguarsi nonostante tutti gli
sforzi dei pragmatisti e dei positivisti per bandirli”. | ||