Ultimo aggiornamento: 22/03/2006

 
     

Didier Nordon “LE OSTINAZIONI DI UN MATEMATICO – ovvero come morire tre volte per la congettura di Goldbach” (Edizione originale Les obstinations d’un mathématicien), a cura di Silvia Tagliaferri, Traduzione di Francesca Desideri, Sironi editore, prima edizione: aprile 2005 (Pagine: 147)

Il protagonista del libro è Armand Duplessis. Da adolescente, precisamente a 16 anni, assistendo a una trasmissione televisiva, resta folgorato dalla congettura di Goldbach: ogni numero pari maggiore di 2 è la somma di due numeri primi e decide che sarà lui a dimostrarla per primo, consapevole che arrivare secondo in una gara sportiva dà un certo prestigio, mentre in matematica ridimostrare un risultato già dimostrato non ha quasi alcun valore. Armand intraprende così gli studi matematici, ottenendo diversi buoni risultati e sembra destinato a una brillante carriera. Quale teorico dei numeri viene assunto da un’università di Lione, ma a trentadue anni decide di dedicare ogni sua energia  alla dimostrazione della congettura di Goldbach, convinto di essere nato per impegnarsi in tale compito.

A poco a poco tende a isolarsi e la passione matematica si trasforma in ossessione, allontanandolo anche dalla moglie e Armand diventa oggetto di derisione da parte dei colleghi.

L’autore ha tratteggiato la personalità di Armand Duplessis in modo ironico, facendo del protagonista del libro il don Chisciotte dei numeri, l’antieroe che, immerso in un mondo esclusivamente numerico, assolutizza i calcoli numerici tanto da farli diventare alienanti.

Forse in Armand  si nasconde ognuno di noi con le nostre piccole ossessioni quotidiane e con quell’ansia di raggiungere una posizione di prestigio, che ci conduce a cercare inutilmente di superare i nostri limiti oggettivi.

Mi è piaciuta la descrizione, un po’ surreale, del protagonista del libro e reputo particolarmente divertente la trascrizione degli incubi di Armand: Goldbach entra costantemente nei suoi sogni, tormentandolo anche durante la notte.
Reputo significativo il diciassettesimo e ultimo incubo, sia perché leggiamo la preghiera del matematico: “Padre nostro dacci oggi la nostra congettura quotidiana, sia fatta la tua logica, nei lemmi come nei teoremi; rimetti a noi i nostri errori di calcolo come noi li rimettiamo ai nostri studenti e liberaci dall’indecidibile. Amen!”, sia perché la conclusione di tale incubo, coincidente con la conclusione del libro stesso, riporta le seguenti parole di Armand: “[…] Gridavo, gridavo, gridavo, ma loro continuavano senza sentirmi. E il mio grido non mi ha svegliato.”

Credo che nell' Introduzione vi sia la spiegazione del perché A. Duplessis sia stato descritto in modo surreale: “Ecco a voi un romanzo il cui protagonista conosce una morte prematura. […] è un matematico e tutti conoscono la sorprendente facilità con cui, in matematica, si passa di continuo dall’essere al non essere. […] Poiché lo stesso autore del romanzo è un matematico, i suoi personaggi godono ipso facto dell’invulnerabilità ai colpi del destino caratteristica delle creature matematiche, leggendarie proprio per questo. Descrivere un matematico in termini realistici sarebbe una mancanza di gusto.” 

In effetti, lanciato nell’impresa di voler dimostrare a ogni costo la congettura di Goldbach, enunciata nel 1742 e ancora irrisolta, Armand ha “tutto il tempo di morire, rinascere e morire di nuovo prima di vederne la fine”.