Ultimo aggiornamento: 28/06/2004

 
     

Sylvia Nasar, "IL GENIO DEI NUMERI - Storia di John Forbes Nash jr, matematico e folle", Rizzoli, 1999.
Ringrazio
Luisa Giannetti, che segnala tale testo, aggiungendo quanto segue: "Esso ci narra la storia di John Nash, il matematico folle, dalla quale poi è stato tratto il film "A beautiful mind". Non è un libro prettamente a valenza didattica, ma è molto interessante e intrigante; anche il film mi è piaciuto molto, l'ho visto più volte e lo rivedrei ancora..."
AGGIORNAMENTO (28/06/2004) - Grazie alla segnalazione di Luisa, ho letto volentieri anch'io tale libro. Nel "Prologo" si precisa che "...IL GIOVANE GENIO di Bluefield, nella West Virginia - bello, arrogante ed eccentrico - apparve d'improvviso sulla scena matematica nel 1948. Nel corso del decennio seguente, un decennio caratterizzato tanto da una fiducia suprema nella razionalità umana quanto da oscuri presagi sulla sopravvivenza dell'umanità, Nash si dimostrò, nelle parole dell'eminente geometra Mikhail Gromov, <<il matematico più straordinario della seconda metà del secolo>>. Giochi di strategia, competizione economica, architettura dei computer, la forma dell'universo, la geometria dello spazio immaginario, il mistero dei numeri primi - tutto attraeva la sua vastissima immaginazione. Le sue idee erano di quel genere profondo e completamente privo di precedenti che spinge il pensiero scientifico in nuove direzioni. I geni, ha scritto il matematico John Halmos, <<sono di due tipi: quelli che sono proprio come tutti noi, soltanto a un livello molto più alto, e quelli che, evidentemente, hanno qualcosa di extra umano. Tutti noi possiamo correre, e qualcuno di noi può correre il miglio in meno di quattro minuti; ma non c'è nulla di ciò che la maggior parte di noi è in grado di fare che sia paragonabile alla creazione della grande fuga in sol minore>>. Il genio di Nash apperteneva al genere misterioso che è associato più di frequente alla musica e all'arte che non alla più antica di tutte le scienze. Non era semplicemente il fatto che la sua mente lavorasse più in fretta, che la sua memoria fosse più ritentiva, o che la sua capacità di concentrazione fosse migliore. I suoi lampi d'intuizione erano non razionali. Come altri grandi matematici intuitivi - Georg Friedrich Bernhard Riemann, Jules Henri Poincaré, Srinivasa Ramanujan - Nash prima aveva la visione, e solo molto tempo dopo costruiva le laboriose dimostrazioni. Ma anche dopo che aveva cercato di spiegare un risultato sbalorditivo, il percorso reale che aveva seguito rimaneva un mistero per gli altri che tentavano di capire il suo ragionamento. Donald Newman, un matematico che conobbe Nash al MIT negli anni Cinquanta, era solito dire che "tutti gli altri raggiungono una vetta cercando da qualche parte un sentiero sulla montagna. Nash scalerebbe un'altra montagna e da quella vetta lontana illuminerebbe con un riflettore la prima vetta>>.
Nessuno era più ossessionato dall'originalità, più sprezzante dell'autorità, o più geloso della propria indipendenza.[...] Lavorava quasi sempre da solo, nella sua mente, di solito mentre camminava, spesso fischiettando Bach.[...] Nel 1958, la rivista <<Fortune>> segnalò Nash per i risultati che aveva ottenuto nella teoria dei giochi, nella geometria algebrica e nella teoria non lineare, definendolo il più brillante rappresentante della giovane generazione dei nuovi matematici polivalenti che lavoravano tanto nel campo della matematica pura quanto in quello della matematica applicata.
L'intuizione di Nash sulla dinamica della competizione umana - la sua teoria del conflitto e della cooperazione razionali - doveva diventare una delle idee più influenti del ventesimo secolo, trasformando la giovane scienza dell'economia allo stesso modo in cui le idee di Mendel sulla trasmissione genetica, il modello di Darwin della selezione naturale e la meccanica celeste di Newton avevano dato una nuova forma alla biologia e alla fisica del loro tempo.[...]
Nelle ventisette paginette della sua tesi di dottorato, scritte quando aveva ventun anni, Nash creò una teoria dei giochi in cui c'era la possibilità di un guadagno reciproco, inventando un concetto che permetteva di interrompere la catena infinita di  <<io penso che tu pensi che io penso...>>. La sua intuizione era che si sarebbe trovata una soluzione quando ogni giocatore indipendentemente avesse scelto la miglior risposta alla miglior strategia degli altri giocatori.[...]
Prima che compisse trent'anni, le intuizioni e le scoperte di Nash gli avevano fatto guadagnare riconoscimenti, rispetto e autonomia. Si era costruito una carriera brillante giungendo all'apice della professione matematica, viaggiava, teneva conferenze, insegnava, si incontrava con i matematici più famosi del tempo, e divenne egli stesso famoso.[...]
All'età di trent'anni, Nash soffrì del primo, devastante episodio di schizofrenia paranoide-allucinatoria, la più catastrofica, mutevole e misteriosa delle malattie mentali. [...] Fuggì varie volte in Europa, subì una mezza dozzina di ricoveri coatti per periodi che durarono fino a sei mesi, fu sottoposto a trattamenti farmacologici e a terapie di shock di ogni genere..."
Grazie all'affetto dei suoi cari, familiari e amici, che gli rimasero vicini nei momenti difficili della sua vita, John Nash è riuscito a lasciare la prigione della follia e la sua mente è tornata a dedicarsi alla ricerca matematica. Nel 1994 ha ricevuto il premio Nobel per l'Economia. Sylvia Nasar, in questo suo primo libro, ha raccontato "la storia del mistero della mente umana, in tre atti: genio, pazzia e risveglio".