Morris Kline, “STORIA DEL PENSIERO MATEMATICO – Volume I– DALL’ANTICHITA’ AL SETTECENTO” , (Titolo originale: Mathematical Thought from Ancient to Modern Times), e “Volume II - DAL SETTECENTO A OGGI” ,  Edizione italiana a cura di Alberto Conte, 1962 e 1996 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino

Dalla quarta di copertina del primo volume: “Fin dalla prima edizione inglese del 1972, l’opera di Kline è stata salutata come la più importante, autorevole ed esauriente storia della matematica apparsa nel dopoguerra. Costruita con l’intento di presentare le idee oltre ai protagonisti della matematica, questa storia ha il duplice pregio dell’esaustività e della chiarezza. Essa prevede infatti vari livelli di lettura: lo specialista vi trova una messe di dati, fonti e spunti di ricerca, mentre lo studente ha a disposizione un formidabile strumento di consultazione e sintesi.

L’arco temporale coperto è vasto: Dalla Mesopotamia a Euclide, da Fibonacci all’invenzione del calcolo infinitesimale, da Gauss a Poincaré, con un’appendice dedicata agli sviluppi più recenti scritta appositamente per la prima edizione italiana del 1991, nei «Manuali» Einaudi.

Nella Presentazione, Alberto Conte commenta: “Scrivere una storia della matematica è un compito che si fa sempre più arduo a mano a mano che il periodo trattato si avvicina alla nostra epoca. La complessità tecnica dei risultati da analizzare diventa infatti sempre più grande e costringe quindi

anche lo storico più agguerrito ad abbandonare l’ambizione di dare conto delle dimostrazioni per limitarsi invece a un semplice riassunto degli enunciati dei teoremi. Per tale motivo non esistevano, prima che Morris Kline pubblicasse l’opera che qui presentiamo al lettore italiano, storie della matematica che si spingessero fino ai nostri giorni: quella che è ancora oggi l’opera di riferimento fondamentale, le monumentali Vorlesungen über Geschichte der Mathematik di Moritz Cantor, si arresta infatti alla fine del Settecento, e per il periodo che va dall’inizio dell’Ottocento ai nostri giorni esistono soltanto opere che coprono aspetti particolari della nostra disciplina e che assai raramente riescono a entrare davvero nel merito dei problemi trattati.

Per tale motivo la pubblicazione dell’opera di Kline è venuta a coprire un vuoto fondamentale, e lo ha fatto nel migliore dei modi, riuscendo cioè a presentare un materiale enorme, che copre tutta la storia della matematica dall’antichità al 1930, con una ricchezza di dettagli e una finezza di analisi che ne hanno immediatamente fatto un testo insostituibile per chiunque si occupi della storia della nostra scienza.

La concezione della matematica che Kline pone alla base della sua indagine storica è esposta con chiarezza nella prefazione dell’autore. Non altrettanto chiaramente è indicato il bersaglio polemico contro il quale egli lancia i suoi strali acuminati ogni qualvolta gliene si presenti la benché minima occasione. Ma il lettore non tarderà a scoprirlo da solo. Non commetteremo perciò nessuna colpevole indiscrezione rivelandolo fin da adesso. E’ la new mathematics, cioè quella concezione della matematica che ne esalta al massimo gli aspetti astratti introdotta alla fine degli anni ’30 dal gruppo di matematici francesi che si celava sotto lo pseudonimo di Nicolas Bourbaki e contro il cui uso nell’insegnamento della matematica Kline scrisse un celebre pamphlet intitolato significativamente Why Johnny can’t add: the failure of the new math. Il suo atteggiamento radicalmente negativo nei confronti della matematica astratta è certamente da respingere, in quanto non gli consente di cogliere uno degli aspetti fondamentali della nostra scienza, quello logico-linguistico, che proprio nel nostro secolo ha dato luogo a risultati e a progressi sbalorditivi. Non c’è dubbio, però, che il delirio astrattivo a cui abbiamo assistito negli anni ’50 e ’60 dovesse suscitare una salutare inversione di tendenza, ed è significativo che ciò si sia verificato più o meno proprio a partire dall’anno di pubblicazione (1972) del volume di Kline, il cui bersaglio dichiarato risulta perciò oggi essere pressoché totalmente scomparso.[…]”