Renato Betti, “LOBACEVSKIJ – L’INVENZIONE DELLE GEOMETRIE
NON EUCLIDEE” Bruno Mondadori, 2005
Dall’Introduzione: “Il termine «geometria non euclidea» è stato
usato per la prima volta da Gauss nel 1824 per parlare di un sistema
geometrico che differisce da quello introdotto da Euclide perché
modifica il postulato delle rette parallele. Oltre che da Gauss stesso,
questo sistema venne intuito da altri – non necessariamente matematici –
nello stesso periodo e sviluppato in maniera completa, indipendentemente
l’uno dall’altro, da Nikolaj Ivanovic Lobacevskij in Russia e da János
Bolyai in Ungheria.
Un sistema geometrico che differisce da quello di Euclide in maniera
ancora maggiore, perché oltre a quello delle parallele modifica anche un
altro postulato, ma che grazie agli sviluppi successivi risulta oggi più
intuitivo perché corrisponde alla «geometria della sfera», fu in seguito
introdotto da Bernhard Riemann in Germania e tutta la materia venne
ulteriormente compresa e unificata nella seconda metà dell’Ottocento.
Inoltre, tenuto conto della maniera con cui i nuovi sistemi geometrici
di Lobacevskij-Bolyai e di Riemann si distinguono da quello tradizionale
di Euclide, nel 1872 Felix Klein usò per essi rispettivamente i termini
«iperbolico» ed «ellittico», che sono ancora in uso oggigiorno e
riflettono bene l’unità e l’estensione che è raggiunta dalla geometria.
[…]”
Per la difficoltà con cui si è sviluppato il processo che ha portato
alla “scoperta” di questi sistemi e per la portata concettuale del nuovo
punto di vista, esso va considerato soprattutto come
un’ avventura intellettuale e umana.
Questo libro ripercorre alcune tappe di questa avventura dal punto di
vista del russo Lobacevskij, che per primo ha contribuito con la sua
opera a determinare sia i maggiori cambiamenti nell’essenza della
matematica sia un’apertura per tutta la cultura scientifica.
Le vicende di questo personaggio si svolgono nella prima metà
dell’Ottocento all’Università di Kazan’, una città che era lontana dai
centri matematici più attivi. Le nuove idee vengono sviluppate da
Lobacevskij in solitudine intellettuale ed egli subisce spesso l’ironia
e il rifiuto della pubblicazione da parte di molti componenti della
comunità scientifica russa.
Quando, pochi anni dopo la morte di Lobacevskij, la nuova teoria viene
presa in considerazione dal mondo matematico, allora divampa e
contribuisce a fornire un’inaspettata unità a una serie di sviluppi
diversi nel campo della geometria, indicando anche nuove prospettive al
secolare problema della natura dello spazio.
Il primo capitolo è una rassegna del problema delle parallele, originato
con l’opera di Euclide nel III secolo a.C. Vengono raccontate sia le
vicende dei personaggi sia le idee che hanno portato al cambiamento sia
i modi con cui esso si è realizzato.
Il secondo e il terzo capitolo si riferiscono direttamente alla persona
di Lobacevskij e il clima culturale e politico dell’epoca e della città
di Kazan’ fa da sfondo necessario alle vicende.
Il capitolo quarto passa brevemente in rassegna i lavori non geometrici
di Lobacevskij in algebra, in analisi matematica, in meccanica
razionale…
Il capitolo quinto si rivolge più estesamente alla geometria iperbolica,
usando spesso la terminologia e le notazioni dello stesso Lobacevskij.
Comunque, il linguaggio non è strettamente matematico e cerca di mettere
a fuoco soprattutto le idee.
I capitoli sesto e settimo rientrano nella seconda parte del libro, dove
si abbandona il personaggio Lobacevskij per seguire la sua opera verso
l’unificazione della geometria, verso originali idee di spazio
matematico, verso nuovi rapporti con la realtà fisica.
Dalla quarta di copertina: Nella prima metà dell’Ottocento viene
superato il “problema delle parallele” (teorizzato nel III secolo a.C.
da Euclide) e prendono forma le prime “geometrie non euclidee”. Si
assiste a una definitiva rottura e a un profondo rinnovamento, pratico e
concettuale, per tutta la cultura scientifica. Uno dei protagonisti di
questa vicenda è il matematico russo Nikolaj Ivanovic Lobacevskij,
rettore dell’Università di Kazan’, la cui opera, prima del
riconoscimento postumo, venne ignorata e spesso derisa e vilipesa.
In questa interessante biografia vengono messi in luce i tentativi e i
dubbi circa l’originale soluzione che emerse dalle sue ricerche, oltre
alla personalità di Lobacevskij, che spesso dovette affrontare
situazioni e sentimenti contrastanti e muoversi in un ambiente ostile e
in un clima politico e culturale teso. Il libro spiega i risultati
tecnici e concettuali dei suoi lavori, i quali permettono, in seguito a
un’ulteriore elaborazione da parte della comunità scientifica, di
rivoluzionare l’idea di spazio matematico, in cui è possibile, già
all’inizio del Novecento, scorgere un’utile rappresentazione per le più
moderne teorie fisiche.
Renato Betti è
docente di Geometria al Politecnico di Milano. Le sue ricerche
riguardano principalmente la Teoria delle categorie e le sue
applicazioni alle strutture algebriche, logiche e geometriche. Svolge
anche un’intensa attività divulgativa come codirettore del trimestrale
di cultura matematica “Lettera Matematica Pristem”. È socio
corrispondente dell’Accademia Nazionale Virgiliana di Mantova |